L’avvento delle macchine intelligenti
Tutti conosciamo racconti di fantascienza in cui robot e umani vivono fianco a fianco. E alcuni studiosi pensano che un giorno sarà così. Come scritto nel saggio La cibernetica e le scienze dell’artificiale di Roberto Cordeschi, pubblicato su Historia. Il Novecento di Federico Motta Editore, opinioni simili sono condivise da molti scienziati impegnati nel campo della cibernetica e dell’intelligenza artificiale.
Un po’ di storia
Facciamo prima un passo indietro, per la precisione al 1947, quando Norbert Wiener introdusse la parola cibernetica definendola come «lo studio del controllo e della comunicazione nell’animale e nella macchina». Per questo fin da subito le ricerche di cibernetica andarono di pari passo con gli studi sul funzionamento del sistema nervoso animale. A metà degli anni Cinquanta Frank Rosenblatt progettava Perceptron, una macchina in grado di distinguere alcune immagini, come per esempio le lettere. William Ross Ashby costruì invece una macchina dotata di ultrasensibilità, capace cioè di cambiare la propria organizzazione per rispondere a uno stimolo esterno non previsto.
IA: Intelligenza Artificiale
Le ricerche di cibernetica vengono abbandonate con l’avvento dell’Intelligenza Artificiale (IA). Questa nuova disciplina si occupa di creare macchine che riproducono le caratteristiche dell’attività cognitiva umana. Lo sviluppo della IA è stata favorita dalle innovazioni nel campo dei calcolatori della prima metà del Novecento. Ma le macchine possono pensare? Qualcuno probabilmente dirà di no ma, come ricordato nel saggio di Cordeschi su Historia di Federico Motta Editore, opinioni ben diverse su questo argomento sono state espresse nel corso del secolo scorso. E i risultati che hanno ottenuto sono particolarmente interessanti.
Le macchine e i problemi reali
Le basi dell’IA sono state gettate nel 1956 durante un seminario organizzato da John McCarthy a Dartmouth (New Hampshire). In quell’occasione vengono stabilite alcune aree di ricerca tuttora oggetto di studio e si discute di programmi per macchine intelligenti. Oggi le macchine sono in grado di affrontare problemi selettivi, suddividendoli in tanti problemi più semplici da risolvere. La grande sfida è però insegnarle come comportarsi con i problemi della vita reale, come comprendere una lingua o fare un riassunto. Questo richiedere una grande quantità di conoscenze: qual è il sistema simbolico più adatto a rappresentarle? La risposta a questa domanda è ancora oggi al centro di un dibattito tra gli studiosi.