Marina Lalatta Costerbosa su diritti umani e filosofia
Quello dei diritti umani è un tema sempre di attualità, che ha caratterizzato il dibattito pubblico del Novecento (e continua anche oggi). Nel suo saggio Filosofie dei diritti, contenuto nel volume La filosofia di Umberto Eco e Riccardo Fedriga e pubblicato da Federico Motta Editore, Marina Lalatta Costerbosa ripercorre le diverse teorie filosofiche attorno a questo tema.
I diritti universali nel Novecento
Le tragedie che hanno caratterizzato la storia del Novecento imposero una nuova riflessione sul tema dei diritti umani. Molti filosofi si occuparono del tema, soprattutto in area tedesca, come risposta al nazionalsocialismo e ai suoi drammi. Momenti cruciali, a livello internazionale, furono la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, siglata dall’ONU nel 1948, e la Convenzione europea dei diritti dell’uomo del 1950. Tuttavia il dibattito tra filosofi del diritto e giuristi fu intricato. Vediamo quindi quali furono le principali tendenze.
Teorie formalistiche e sostanzialistiche
Come ricorda Marina Lalatta Costerbosa, è possibile ricondurre le varie teorie filosofiche sui diritti umani a tre gruppi. Anzitutto ci sono le teorie formalistiche, che
vedono nei diritti umani una categoria particolare di diritti fondamentali, comprendente i diritti soggettivi estesi universalmente a tutti gli esseri umani, indipendentemente dall’interesse o dal bene garantito e dal fatto che essi siano stabiliti o previsti dall’ordinamento giuridico.
Secondo queste teorie, i diritti umani sono inalienabili e appartengono a ciascun individuo in quanto essere umano. Di parere opposto sono le teorie sostanzialistiche, che invece si concentrano
sul momento fondazionale, avanzando una risposta all’interrogativo concernente la giustificazione di questi diritti. […] Alla base è l’idea che i diritti umani siano gli strumenti giuridici adeguati alla promozione dei beni fondamentali per l’uomo che vive in una comunità politica.
Alla Theory of Justice di Rawl (introdotta in Italia da Salvatore Veca) si rifanno infine le teorie procedurali.
La sfiducia nella possibilità di conferire ancora un ruolo fondativo al diritto naturale, da un lato, la convinzione che non ci si debba arrendere a un insidioso relativismo avalutativo, dall’altro, spronano a una rinnovata indagine, alleggerita da premesse valoriali, eppure assai pretenziosa sul piano prescrittivo. L’idea è di individuare regole di ragionamento e di deliberazione in grado per la loro stessa natura, di offrire come esito applicativo un risultato non neutrale dal punto di vista morale.
Questa tesi fu rielaborata da alcuni dei maggiori filosofi dell’ultimo quarto del Novecento, come Habermas e Dworkin.
Marina Lalatta Costerbosa
Insegna filosofia del diritto e bioetica all’Università di Bologna. Ha studiato vari temi legati al diritto e alla filosofia morale, come il rapporto tra diritto e bioetica, la violazione dei diritti umani e i diritti dei minori. Per La filosofia a cura di Umberto Eco e Riccardo Fedriga, pubblicato da Federico Motta Editore, ha firmato il saggio Filosofie dei diritti.