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Sulle tracce del postmoderno

postmoderno

Postmoderno” è uno dei concetti fondamentali per capire l’età che stiamo vivendo. Eppure si tratta di un termine di cui è difficile dare una definizione. Gaetano Chiurazzi ne ripercorre la storia e le tematiche in un saggio pubblicato ne  La Filosofia a cura di Umberto Eco e Riccardo Fedriga di Federico Motta Editore.

Origine del termine

Il dibattito filosofico sul postmoderno prende le mosse dalla pubblicazione del saggio La condizione postmoderna (1979) di Jean-François Lyotard. Come ricorda Chiurazzi ne La Filosofia pubblicata da Federico Motta Editore, Lyotard affronta gli effetti che i nuovi mezzi informatici avrebbero avuto sul sapere. Il termine tuttavia era già in uso per indicare la fase successiva alla modernità e la fine di una concezione lineare e progressiva della storia. La modernità può essere raffigurata con l’immagine dei “nani sulle spalle di giganti“: i moderni salgono sulle spalle degli antichi e possono così vedere più lontano. La fine di tutto ciò è dovuta non a cambiamenti teorici, ma a eventi come le due guerre mondiali e l’avvento dell’informatica. Inoltre, mentre la modernità aveva come suoi caposaldi i grandi sistemi filosofici, la postmodernità preferisce la frammentazione.

Umberto Eco e il postmoderno italiano

Il postmoderno ha presto trovato espressione anche in Italia, e uno dei massimi suoi rappresentanti nel nostro paese è stato proprio Umberto Eco. A lui si deve uno dei capolavori della letteratura postmoderna italiana: Il nome della rosa (1980). Si tratta di un romanzo complesso in cui l’autore mescola generi diversi e inserisce citazioni nascoste. Questi aspetti sono stati chiariti dallo stesso scrittore nella Postilla che ha aggiunto nel 1984 alla sua opera. I resti della biblioteca dopo l’incendio, con i suoi frammenti di libri distrutti, sono un’immagine del sapere postmoderno, che non è totalizzante ma è anzi frammentario. Anche il rapporto con il passato è rappresentativo della nuova sensibilità: la postmodernità non crede più di poter guardare all’antico direttamente, ma solo in forma mediata. Il passato non si può cancellare, né si può farlo rivivere, ma si può rielaborarlo a distanza, attraverso l’ironia.