Immigrazione e letteratura: la lezione del Novecento
L’immigrazione è uno dei temi caldi di questi mesi, soprattutto per le tensioni suscitate in Unione Europea sull’accoglienza e la ripartizione dei migranti. Oggi però vogliamo guardare a questo fenomeno da un’altra prospettiva: quella della letteratura. Le migrazioni sono infatti da sempre una fonte di creatività per romanzieri e drammaturghi. Di questo argomento parla Carmine Chiellino nel suo saggio Scritture dei migranti sui volumi dedicati all’Età moderna della collana Historia di Federico Motta Editore.
Immigrazione e letteratura del Novecento
Nella storia dell’uomo le migrazioni sono una costante, e così è stato anche nel Novecento. A partire dalla seconda metà dell’Ottocento le nazioni europee hanno condotto politiche imperialiste al di fuori dei loro confini, creando colonie in Asia e Africa. Al crollo del colonialismo nel secondo dopoguerra è seguito un movimento che dalle ex colonie portava verso i Paesi europei ex colonizzatori. In queste dinamiche, c’è sempre stato uno stretto rapporto tra la migrazione e le letterature dei Paesi coinvolti, che hanno generato nuove prospettive.
Immigrazione e intercultura
La fine del colonialismo dopo la seconda guerra mondiale porta a una trasformazione. Prima in Europa le migrazioni erano essenzialmente interne, con spostamenti da un punto all’altro del continente. A queste si sono aggiunte le migrazioni da altri continenti. Questo ha aperto la strada a una letteratura interculturale, che ha il suo prototipo in Joseph Conrad, scrittore di origini ucraine ma naturalizzato britannico, che scriveva in inglese. Da qui si è sviluppato un lungo filone di autori che decidono di parlare del loro retroterra culturale abbandonando però la loro lingua natia. È il caso per esempio di Vladimir Nabokov, di Samuel Beckett o di V.S. Naipaul (recentemente scomparso).
Il confronto tra culture
Gli autori interculturali raccontano luoghi o episodi della loro terra natia usando però la lingua del Paese in cui si sono trasferiti. Il lettore, che conosce la lingua in cui è stata scritta l’opera, ne comprende il senso, ma percepisce anche la sua lontananza culturale dalle vicende narrate. Come scrive Chiellino, «l’interculturalità lo confronta con dei limiti e gli richiede rispetto delle diversità all’interno della sua lingua».