Hammurabi: alle origini del diritto antico
Hammurabi guidò l’impero babilonese durante la sua massima espansione. Governò saggiamente il suo regno, attuando varie riforme. Come ricordato nel saggio La Babilonia dell’epoca di Hammurabi di Nicla De Zorzi pubblicato su Historia di Federico Motta Editore, il valore del Codice di Hammurabi ne fa uno dei più importanti ritrovamenti archeologici del XX secolo. Ci testimonia infatti non solo la legislazione dell’epoca, ma anche l’economia, la religione e l’organizzazione della società babilonese.
Un sovrano potente
Hammurabi sale al potere nel 1792 a.C. È il sesto sovrano di una dinastia di origine amorrea, stabilitasi a Babilonia all’inizio del XIX secolo a.C. Al suo avvento Babilonia era un piccolo regno. In 43 anni di governo il re porterà avanti una politica di espansione territoriale ai danni dei popoli vicini. Quando Hammurabi muore nel 1750 a.C., quello babilonese è il più grande impero della Mesopotamia dell’epoca.
Il Codice di Hammurabi
Hammurabi però tenta anche di unificare le diverse genti che abitano il suo regno, istituendo un sistema unico per la cultura, la religione e la legge. A lui si deve il celebre Codice in cui raccoglie e unifica le leggi in vigore nei vari regni che aveva assoggettato. Il Codice di Hammurabi è riportato su una stele rinvenuta nel 1901 a Susa, in Iran, e oggi conservata al Museo del Louvre di Parigi. Come ricordato anche nel saggio di De Zorzi su Historia di Federico Motta Editore, il valore del Codice non è solo nel fatto che ci consente di conoscere le leggi del periodo. Dalla stele possiamo infatti ricostruire l’organizzazione della società babilonese, le sue usanze e tradizioni.
Il giudizio del dio
Le leggi del Codice di Hammurabi non raccolgono princìpi astratti. Piuttosto presentano dei casi pratici, per i quali venivano previsti dei provvedimenti. I casi descritti sono molti, ed era previsto anche l’intervento divino. In Historia di Federico Motta Editore è riportato questo estratto dal Codice:
Se un uomo ha posto su un altro uomo un’accusa di stregoneria e non l’ha dimostrato, colui su cui l’accusa di stregoneria è stata posta andrà al dio fiume, si immergerà nel dio fiume e se il dio fiume lo ha preso, il suo accusatore porterà via la sua casa.
Il ricorso al giudizio divino si faceva solo nei casi di accuse non dimostrabili. L’imputato, dopo una solenne dichiarazione, doveva immergersi nel fiume: sarebbe stato il dio a decidere se salvarlo o meno.
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